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contributi

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- giurista d'impresa tra Dir.ed Economia (E.Picozza-2002)

Co.VALORI - convegno di studi del 07.02.2002 su: “il ruolo e le responsabilità del Giurista d’Impresa”

relazione del Prof. Avv. Eugenio Piccozza: "Il giurista d'impresa tra diritto ed economia"

            1. Premesse generali.

            La relazione che mi è stata affidata ha ad oggetto la particolare considerazione dei problemi che il giurista d'impresa deve affrontare nell'ambito della sua professione e che lo collocano a metà strada, come suona il titolo della relazione stessa, tra il diritto dell'economia e la funzione tradizionale della professione legale.

            Dirò subito che la problematica è molto complessa ed investe nella sua globalità il futuro di tutte le professioni legali tradizionali anche se ne viene coinvolta in primo luogo quella di avvocato[1].

Tale trasformazione riguarda peraltro nondimeno anche le professioni legali alternative ed in primo luogo quella notarile[2] e così rapporti di lavoro subordinati in cui è richiesta peraltro la medesima professionalità legale, quale ad esempio il lavoro del magistrato.

Per avere un'esatta comprensione della portata di tale fenomeno occorre esaminarlo da più angoli di visuale sia di carattere sostanziale che processuale, sia interno che internazionale, sia giuridico che economico.

 Tenterò quindi di tracciare una panoramica la più completa possibile dei nodi che occorre sciogliere per qualificare in conformità con il processo di globalizzazione in modo competitivo e solidamente professionale ma anche deontologico, il futuro delle professioni legali.

 La mia quindi sarà una relazione nella quale, al termine giurista d'impresa, non corrisponde la figura professionale tipica di un laureato in giurisprudenza - magari anche in possesso di un master nel diritto d'impresa - che entra in una società privata e svolge ivi una funzione legale endoprocedimentale.

In realtà, io ho l'impressione che la qualifica di giurista d'impresa debba essere considerata in modo obiettivo e finalistico e quindi sia applicabile, anche se non globalmente, alle più diverse figure professionali legali:

a) in primo luogo all’avvocato del libero foro, nella misura in cui annoveri tra i suoi clienti, in modo non episodico, una o più imprese che pongano problemi di assistenza e consulenza per l'ottimale esercizio della loro attività economica.

b) in secondo luogo all'avvocato dell'ente pubblico, soprattutto di dimensione territoriale (comuni, province, unità sanitarie locali, regioni, e ovviamente lo Stato), nella misura in cui attraverso la distinzione tra i compiti di indirizzo e di controllo da un lato, e i compiti di gestione dall'altro - con gli obiettivi formalizzati dalla legge n.241/90 di economicità, efficacia ed efficienza; nonché attraverso la legge n.286 sui nuclei di controllo interno alle pubbliche amministrazioni, abbia obiettivamente concretizzato un approccio aziendalistico, anche all'interno di enti ordinamentali.

c) in terzo luogo all'avvocato dell'impresa pubblica, sia quella privatizzata in modo formale che sostanziale, in quanto si richiede una visione complessiva della strategia che tenga conto da un lato  degli interessi economici concorrenziali dell'impresa stessa, dall'altro del carattere generale quale servizio di interesse economico generale dell'attività medesima.

d ) Infine  all'avvocato dell'impresa privata, il quale non si può più confrontare con un mercato nazionale e protezionistico ma deve misurarsi con il fenomeno della globalizzazione economica che spesso lo porta ad essere parte integrante di una organizzazione economica di livello mondiale.[3]

            Simili funzioni peraltro toccano, anche come accennavo in premessa, le professioni legali:

a) le funzioni notarili: il notaio, come stato ben messo in rilievo in una recente pubblicazione europea, è al centro di fenomeni economici anche recenti: basti pensare al trasferimento delle funzioni di omologazione delle società; alla gestione dei fatti urbanistici ed edilizi e di altri importanti compiti del notaio stesso.

b) le funzioni del magistrato amministrativo che attraverso il rito abbreviato di cui all'articolo 23 bis della legge 6. 12. 1971 n. 1034 come modificato dall'articolo 4 della legge 21. 7. 2000 n. 205 (ma v. anche l'articolo 6 della stessa legge) deve acquisire non solo una cultura giuridica comunitaria ma anche una complessiva visione di analisi economica del diritto se non altro per bilanciare gli interessi in gioco durante la fase cautelare, come ho avuto modo di ricordare più dettagliatamente nella relazione tenuta all'Avvocatura dello Stato il 13.12.2001, sulla riforma del processo cautelare stesso nell'ambito della complessiva trasformazione della Giustizia Amministrativa,

c) le funzioni del magistrato contabile sia in ordine al controllo di gestione e sulla gestione, sia nell'ambito della possibile estensione della responsabilità amministrativo-contabile a seguito della legge 97 del 2001 alle società a partecipazione pubblica e comunque agli organismi di diritto pubblico.

d) le funzioni del magistrato ordinario, civile e fallimentare, a proposito delle quali le controversie di diritto dell'economia suppongono una particolare specifica preparazione.

e) le funzioni del magistrato ordinario, penale, nell'ambito delle quali il diritto dell'economia assume una importanza e delicatezza preponderanti.

f) le funzioni del professore universitario di discipline giuridiche. Non si potrebbero infatti chiudere queste premesse, senza ricordare un problema fondamentale che mi tocca personalmente in quanto professore universitario, e cioè quello dell'attuale rispondenza delle istituzioni universitarie sia di primo che di secondo livello per la preparazione del giurista d'impresa: come noto, infatti, pur essendo "sospesa" di fatto o quantomeno facoltativa l'attuazione della riforma generale dell'ordine degli studi universitari (il 3 + 2) sono partiti, quanto meno nella nostra università, i corsi di preparazione post lauream per la formazione comune di magistrati, avvocati e notai.

Il problema fondamentale e se la preparazione del giurista d'impresa faccia comunque capo alla preparazione globale del giurista od occorra un modulo particolare:

-se questo possa essere qualificato come corso di laurea di primo livello, ovvero, almeno in futuro, specialistico:

- e se comunque nei corsi di preparazione post universitaria all'accesso alle professioni legali si tenga congruo conto di tale fondamentale esigenza.

            In conclusione, quindi, già da queste generali premesse si vede che il concetto d'ambito di applicazione del cosiddetto giurista d'impresa non può essere confinato nella comune accezione di LEGALE di un'impresa privata di medie o grandi dimensioni ma configura un modo di essere che coinvolge prevalentemente parzialmente le tradizionali professioni legali. Ecco perché le relazioni sono state distribuite in modo che ciascuno possa valorosamente portare le proprie esperienze e prospettare problemi della categoria senza alcuna distinzione tra professionisti di enti pubblici, di imprese pubbliche e di imprese private.

Del resto è notorio che la dicotomia tra pubblico e privato non regge più e di ciò vi è ormai traccia sia nel nuovo articolo 118 della Costituzione su cui si soffermeranno meglio i colleghi che mi seguiranno, sia nello stesso articolo 3 del testo unico sugli Enti Locali n.267 del 2000 attraverso una introduzione per quanto provvisoria e timida del concetto di sussidiarietà orizzontale;

un altro esempio è dato dalla cosiddetta amministrazione per accordi che sta man mano sostituendo il concetto della bilateralità e consensualità, dell'azione amministrativa, al vecchio modello della unilateralità e della Autoritarietà e Imperatività del provvedimento e del procedimento amministrativi.

            2. Gli strumenti indispensabili per la formazione del giurista d'impresa.

            Ciò premesso passo rapidamente a trattare di quali sono a mio avviso gli strumenti indispensabili per la formazione di un moderno giurista d'impresa in grado non solo di risolvere i problemi del proprio cliente al datore di lavoro ma anche di interfacciarsi con colleghi stranieri e soprattutto con gli studi multinazionali. Del resto non bisogna dimenticare che la recente direttiva 98/5/ CE del 16 febbraio 1998 e parlamento europeo del Consiglio porta a facilitare l'esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquisita la qualifica (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea n. 077 L del 14 marzo 1998); nonché  il Decreto Attuativo emanato sulla base della delega legislativa di quell'articolo 19 della legge 21 dicembre 1999 n. 526 (disposizioni dell'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle comunità europea -legge comunitaria 1999-) del 2 febbraio 2001 n. 96 (attuazione della direttiva 98/5-comunità europea porta facilitare l'esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquisita la qualifica professionale, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana 4 aprile 2001 n. 79, supplemento ordinario) non solo liberalizzano completamente l'attività stabile e professionista legale in uno Stato diverso da quello dal quale proviene; ma all'articolo 8 della direttiva (Esercizio nell'ambito di un rapporto subordinato) si dispone espressamente "l'avvocato iscritto nello Stato membro ospitante con il titolo professionale di origine può esercitare la professione come lavoratore subordinato di un altro avvocato, di un'associazione o società di avvocati, di un ente pubblico o privato, qualora lo Stato membro ospitante lo consenta gli avvocati iscritti con il titolo professionale che esso rilascia".[4]

            2. 1. Contrariamente a quanto si può pensare la base principale della formazione del giurista d'impresa è, a mio avviso, proprio una solida formazione nella teoria e dogmatica giuridica: l'esperienza scientifica e professionale, nonché la continua consultazione per le sentenze della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, mi hanno persuaso che al di là dei sistemi di diritto civile o di diritto comune, il linguaggio che permette la comunicazione tra avvocati, magistrati e notai è proprio quello della teoria del diritto, ereditato dal diritto romano e portato alle migliori risultanze dalla teoria pura del diritto di Hans Kelsen. È ovvio che tale teoria non corrisponde al diritto privato o pubblico che si pratica nella vita reale ma è sicuramente un grande vantaggio nell'esercizio dell'attività professionale di assistenza e consulenza legale; come pure in quello di rappresentanza e difesa in giudizio. E un avvocato quale giurista d'impresa, si trova sicuramente avvantaggiato dalla conoscenza dei principi generali del diritto che consentono di muoversi anche i settori nei quali non ha una cognizione di dettaglio, essendo noto che l'assistenza d'impresa richiede cognizioni interdisciplinari, magari non IPER specialistiche, ma sicuramente interattive fra di loro. Sotto questo profilo appare abbastanza scontato che occorra tornare, come già si pratica in Germania, allo studio dei manuali istituzionali i quali devono essere continuamente aggiornati e devono tenere congruo conto delle interazioni tra il diritto nazionale e il diritto internazionale, con particolare riguardo al diritto comunitario.

            2. 2. Il secondo strumento è la conoscenza solida della lingua inglese, ma non tanto della lingua comune quanto delle espressioni giuridiche ed economiche: occorre per il giovane studioso cimentarsi o attraverso la permanenza all'estero in studi legali o frequentando corsi specialistici, nel linguaggio giuridico: un ottimo insegnante sotto questo profilo è lo studio del testo inglese delle direttive comunitarie che avendo una funzione di armonizzazione di vari sistemi, consentono una fedele traduzione di concetti propri del diritto civile europeo continentale, ovvero del diritto pubblico e amministrativo sempre continentale. Il giurista d'impresa dovrà anche difendere la propria impresa pubblica o privata dalle pretese di neo colonizzazione del diritto anglosassone che per comodità, pigrizia, o anche ingiustificato senso di superiorità tende a forzare i diritti nazionali nei concetti dei sistemi giuridici del proprio paese di origine: ho sufficiente esperienza in materia di finanza di progetto per dare un ragionevole fondamento all'affermazione che ho appena fatto.

            2. 3. Il terzo strumento è il possesso delle cognizioni informatiche: non solo dell'uso del computer e degli innumerevoli data base, ma anche della contrattualistica on-line: è noto infatti che già numerosi appalti di servizi e di fornitura vengono giudicati attraverso la rete Internet ed è prossima l'applicazione anche agli appalti di lavori pubblici. Più in generale il giurista d'impresa deve conoscere le modalità del cosiddetto commercio elettronico.

            2. 4. Il quarto strumento, per quanto strano possa sembrare, è il possesso di una solida deontologia professionale, che peraltro non corrisponde a quella del codice deontologico, impegnata sulla figura ottocentesca del professionista legale ma su una ineliminabile linea di discriminazione tra lecito e illecito. Ciò non solo per non assumere in proprio e non far assumere al manager dell'impresa o al rappresentante legale dell'ente pubblico responsabilità di carattere penale, ma in quanto le distorsioni della concorrenza si traducono in una povertà generale del mercato come è stato di recente acutamente dimostrato in un lavoro di un giovane studioso sul cosiddetto Stato banditore. È chiaro che il giurista d'impresa deve  quanto possibile tenere conto degli indirizzi e delle direttive del suo datore di lavoro o cliente: ma questa  è la funzione propria dell'avvocato, il quale tra più soluzioni possibili deve cercare di trovare quella utile per il proprio cliente.

           

            3. 1. Le funzioni del giurista d'impresa nella società globale.

Una volta descritti gli strumenti per la formazione del giurista d'impresa occorre intrattenersi sulle funzioni che esso deve svolgere e per questo va richiamato il titolo della relazione che collega il diritto all'economia. Tale formulazione è più ampia, per quanto parzialmente coincidente, con quella del diritto dell'economia che come noto costituisce uno dei raggruppamenti fondamentali delle 5 aree disciplinari appartenenti all'insegnamento del diritto. Infatti il diritto dell'economia che può essere ormai distinto nella sua autonomia in tre grandi branche: diritto privato, diritto pubblico e diritto processuale, rimane pur sempre una disciplina giuridica anche se connotata da una forte propensione ad utilizzare gli strumenti dell'analisi economica del diritto. Invece il giurista d'impresa lavora in un ambiente dove le regole economiche debbono contare quanto quelle giuridiche. Appare quindi essenziale cercare di analizzare le nuove funzioni imposte dalla globalizzazione e dal diritto internazionale rispetto a quelle precedenti.

            Nel vecchio sistema giuridico il ruolo del giurista d'impresa si limitava ad essere quello del conoscitore non specialistico di varie discipline giuridiche: in particolare del diritto commerciale e industriale, del diritto fallimentare, del diritto tributario, del diritto del lavoro, del diritto del commercio internazionale. Quando si verificavano problemi eccedenti la capacità giuridica del legale interno subentravano professionalità specialistiche esterne e proprie dei singoli settori coinvolti dal problema concreto. Nel nuovo sistema il legale d'impresa deve viceversa seguire direttamente e di concerto tutti gli affari che sono sottoposti anche se venga affiancato un professionista esterno. Il discorso non cambia a proposito dei legali degli Enti Pubblici: come verrà meglio messo in luce dalle successive relazioni, con la trasformazione della forma di Stato di governo voluta dalle leggi costituzionali relative al titolo V della Costituzione italiana, il legale dell'ente pubblico dovrà sostanzialmente seguire tutte le procedure di intesa e di accordo sia con altri enti locali anche di superiore dimensione sia con lo Stato e la  Regione e viceversa. E così anche vale nelle eventuali procedure contenziose: per fare un esempio pratico la nuova giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di appalti concessioni pubbliche comporta la necessità per l'avvocato esterno di conoscere in dettaglio tutti i punti di fatto che sono oggetto di contestazione per poter contestare anche gli accertamenti e le valutazioni tecniche economiche e finanziarie dell'amministrazione aggiudicatrice. I ricorsi non possono più essere gestiti attraverso i classici vizi di legittimità del provvedimento amministrativo (incompetenza, violazione di legge ed eccesso di potere) ma occorre istruire motivi di ricorso che contestino ad esempio l'anomalia dell'offerta, ovvero la distorsione della concorrenza nella formazione delle specifiche tecniche, finanziarie ed economiche dell'appalto. Così pure per gli avvocati degli Enti Pubblici, occorre valutare nell'ambito degli accordi sia di tipo organizzativo che funzionale l'effettivo inadempimento dalla controparte, la violazione del principio generale di buona fede e dell'obbligo di cooperazione che l'esecuzione dell'accordo ecc.

            Inoltre quando l'impresa o l'ente pubblico si trovano coinvolti in grossi progetti di realizzazione di opere pubbliche quali ad esempio quelli che si vogliono realizzare attraverso la finanza di progetto, l'attività di assistenza è praticamente continuativa e non si può esaurire nella redazione episodica di singoli pareri: sotto questo profilo l'analisi economica comporta che il legale pubblico privato diventi un soggetto comunicatore immanente nel corso della procedura, in grado di partecipare in modo fattivo e collaborativo a riunioni anche molto complesse nelle quali l'ente l'impresa si troverà attaccata da altri soggetti quali Soci Finanziatori rappresentanti di mercati finanziari e del sistema bancario che cercheranno di perseguire la soluzione che li mette al riparo da rischi, anche a costo di compromettere l'economicità globale dell'operazione stessa.

            Insomma il ruolo del giurista d'impresa diventa simile a quello del rappresentante di interessi pubblici nell'ambito di una conferenza di servizi che di volta in volta può rivestire un ruolo solamente istruttorio, ma anche spiccatamente decisorio. Il giurista d'impresa quindi deve attrezzarsi attraverso dotazioni informatiche da portare con sé per poter essere in grado di prendere decisioni rapide ma nel contempo ragionevolmente fondate nella cornice giuridica di riferimento.

            Sotto questo profilo il ruolo del giurista d'impresa assume anche funzioni " spettacolari " nel senso che egli deve essere dotato di una forte capacità di comunicazione internazionale e di relazione tra i vari soggetti della procedura. In sintesi dall'avvocato inteso come personaggio depositario del sapere giuridico e al quale ci si rivolgeva quasi senza appello perché trattasse in proprio l'affare e il contenzioso, si passa ad un manager della cultura giuridica il quale deve funzionalizzare la cultura medesima per le esigenze della propria azienda e del proprio ente pubblico.

            4. CONCLUSIONI GENERALI.

            Alla fine di questa relazione occorre tirare le somme facendo riferimento a quella sana disciplina che tutt'ora viene insegnata che si chiama filosofia del diritto. Si è sempre detto che lo stato di diritto è contrassegnato da due valori: la certezza e la giustizia.

            Lo stato di diritto non solo non è venuto meno ma nell'articolo 6 del Trattato sull'Unione Europea firmato ad Amsterdam e nella carta dei diritti di Nizza viene considerato il baluardo irrinunciabile dell'unione ormai quasi politica tra i popoli europei. Esso è anche uno dei punti fondamentali richiamati dagli accordi internazionali sul commercio internazionale e delle organizzazioni pubbliche e private di controllo contabile finanziario (principi intonsi). In altri termini la cultura della legalità non è morta ma anzi deve essere incrementata perché secondo le istruzioni dell' OCSE rappresenta una ricaduta positiva anche in termini di analisi economica del diritto.

            Occorre analizzare più dettagliatamente questi due principi:

-la certezza del diritto è il primo luogo la conoscibilità delle regole del gioco e quindi il giurista d'impresa deve essere aggiornatissimo sulle fonti del diritto formali, informali, di carattere interno ed internazionale che regolano l'affare o la controversia sottoposta al suo esame;

-la giustizia in campo economico assume una connotazione che cambia il tradizionale valore dello Stato etico: essa è relativa nel senso che la rapidità della decisione definitiva conta quanto la sua sostanziale conformità alle regole sopra richiamate. Una giustizia non rapida non interessa all'operatore economico ma neanche l'ente pubblico il quale essendo titolare di poteri amministrativi dinamici e dovendo rispettare i principi di efficienza, economicità ed efficacia dell'azione amministrativa nonché i programmi annuali degli organi politici da cui dipende, non può certamente aspettare nell'attività di consulenza o in quella di difesa i tempi biblici della giustizia civile. Quindi la formazione del giurista d'impresa comporta almeno nella fase di attività che riguarda la consulenza  e l'assistenza l'abbandono della cosiddetta retorica giuridica: i pareri, gli avvisi, gli schemi di atti debbono essere fatti rapidamente e con un drafting molto sintetico. Ma ciò non significa certamente svilire la professione legale, significa tornare alla padronanza dei principi generali in un linguaggio quasi di tipo matematico che era già posseduto dai grandi giuristi di un tempo e dai grandi avvocati: basti pensare ai ricorsi di Antonio Sorrentino. Per gli atti di difesa in giudizio il discorso è alquanto diverso perché esso si collega al mondo dei giudici di fare le sentenze: fino a quando anche il giudice non abbandonerà il metodo retorico e argomentativo, l'abbandono del metodo stesso da parte dell'avvocato si tradurrebbe in una obiettiva diminuzione della tutela giurisdizionale nei confronti del proprio cliente.

-la governabilità del sistema si sostituisce alla supremazia della regola: in altri termini la rapidità della decisione integra la regola generale ed astratta molto di più di quanto non avvenisse in precedenza. Questo discorso è generale e non può essere certamente trattato in modo adeguato nell'ambito dell'oggetto del convegno: molto sinteticamente la crisi delle società complesse è proprio quella che la governabilità del sistema non è più assicurata dalla supremazia della legge e nemmeno da processi di delegificazione: la norma viene sempre più integrata dall'azione: il ruolo dell'operatore si integra strettamente con quello del creatore giuridico.

 Ciò vale in particolare per il giurista dell'impresa pubblica e privata ma anche per l'avvocato dell'ente pubblico. A fronte delle norma attributiva delle competenze vi è poi la serie di direttive nelle quali si integra l'indirizzo politico: nel caso del datore di lavoro pubblico esso si ricava dalle apposite norme contenute nel decreto legislativo 29 per la parte statale oggi confluito nel decreto legislativo 165 del 2001; per le regioni nelle prevedibili modifiche di Statuto secondo la nuova formulazione della Costituzione; per gli enti locali territoriali nelle opportune norme del testo unico 267 del 2000. Per il datore di lavoro privato è contenuto già nell'articolo 2082 del codice civile ma si ricava di volta in volta da gli statuti sociali, dagli accordi parasociali e anche dagli ordini di servizio e dagli organigrammi delle società multinazionali.

            Ecco in sintesi la moderna funzione del giurista d'impresa che si traduce anche in grossa opportunità per le nuove generazioni in una situazione in cui soprattutto, se la Corte di Giustizia dovesse abolire o ridimensionare il sistema tariffario professionale, il mercato non è in grado di assorbire nuove migliaia di posti di lavoro. Io ho l'impressione che attraverso la riforma in senso federalista dello Stato e attraverso le nuove esigenze delle imprese pubbliche e private si crei una grossa opportunità per i giovani laureati e che è stata colta attraverso i più diversi strumenti tra i quali certamente rientra anche la felice iniziativa di questo convegno, in ordine al quale mi preme ringraziare prima di tutto l'organizzatore responsabile principale l'amico Avv. Gabriele Scotto, l'amico Avv. Federico Bucci, presidente del nostro consiglio dell'ordine degli avocati di Roma, e numerosi amici che con tanta disponibilità hanno accolto l'invito a presentare le loro testimonianze in forma di relazione e che saranno sicuramente estremamente interessanti per tastare il polso alla inevitabile trasformazione delle professioni legali che sempre più, in linea con la tendenza internazionale e comunitaria, diventano servizi per la collettività e quindi attività economiche da esercitare mediante retribuzione ma nelle quali l'aspetto della professionalità costituisce una condizione generale ineludibile del contratto d'opera professionale o anche del rapporto di lavoro subordinato sia pubblico e privato. Grazie.

            Prof. Avv. Eugenio Picozza



[1] Anzi a rigore tali trasformazioni riguardano tutte le libere professioni intese come prestazioni di servizi ai sensi dell’articolo 49 e 50 del Trattato di Amsterdam sull’Unione Europea.

                La tematica è stato oggetto di un pregevole studio economico-giuridico di Antonio Preto Le libere professioni in europa (Regole e concorrenza per il mercato globale) Milano EGEA collana futuri orizzonti 2001 passim. L’Autore dopo aver definito il concetto di libero professionista sia nell’ordinamento italiano che in quello europeo, passa in rassegna le principali normative generali e speciali della C.E. prendendo in considerazione specificamente oltre agli avvocati, i revisori contabili, gli architetti, i professionisti sanitari(medici,dentisti,ostetriche,veterinari,infermieri professionali e farmacisti); ivi compresa la recente direttiva 2001/19/CE comportante modifiche  alla legislazione comunitaria sul riconoscimento dei diplomi (direttiva 89/48/CEE, 92/51/CEE e 99/42/CEE).

                Le parti più interessanti del recente lavoro appaiono a mio avviso le seguenti:

a)       le libere professioni e il mercato comunitario della concorrenza. I problemi posti sul tappeto sono essenzialmente:

-le tariffe professionali che come è noto almeno per gli avvocati sono sotto la spada di Damocle di una prossima sentenza della Corte di Giustizia essendo già state pubblicate le conclusioni dell’avvocato generale dello Stato.

-la pubblicità comparativa:il suo ambito di applicazione e i suoi limiti interni ed esterni.

-le casse di previdenza;

-il regime di esclusiva nella prestazione della attività di consulenza legale.

-l’esercizio della professioni in forma integrata.

b)       la globalizzaione dell’esercizio professionale in una prospettiva economica e giuridica.

c)       Le nuove forme di prestazione dell’attività professionale con particolare riguardo al commercio e alla firma elettronica.

Tutti questi aspetti sono di estremo interesse per il futuro (ed anche per il presente) della professione di avvocato: in ogni caso per la trattazione specifica del mercato interno della libera professione di avvocato v. Id op. cit. p. 39/44.

                Insieme a questo nuovo lavoro va   consigliata la lettura del libro di AA.VV. Le libere professioni in Italia a cura di Willem Tousijn Bologna il Mulino  1987 che sebbene appaia formalmente un po’ datato (sono passati quasi quindici anni dalla sua edizione, è invece estremamente attuate: si veda in particolare il capitolo III “Avvocati e notai tra professionalismo e mutamento sociale di Vittorio Oliati, ivi pp. 87/127.

[2]  V. Le libere professioni in Italia cit. loc. cit.

[3] Per fare un esempio concretissimo delle trasformazioni a 360° del senso e delle problematiche della nostra professione basti ricordare la recente sentenza della Corte Costituzionale che ha attribuito agli arbitri (perlomeno quelli rituali che giudicano secondo diritto e con l’osservanza delle regole e procedure di cui all’articolo 806 ss. c.p.c.) della possibilità di sollevare questioni incidentali di legittimità costituzionale, attribuendo quindi un ruolo sostanzialmente giurisdizionale all’arbitro rituale.

                Non diversamente si pone il problema del rapporto con il diritto comunitario e della necessità di disapplicare qualsiasi fonte interna e qualsiasi atto di diritto pubblico e privato quando sia  incompatibile con l’ordinamento comunitario che regoli la materia sottoposta al giudizio arbitrale: v. per tutti AA.VV. L’arbitrage et le droit europeèn. Actes du Colloqui international du CEPANI du 25 avril 1997 Bruxelles Bruylant passim ma particolarmente p.101 ss. J.Erauw « domandes de dècisions prèjudicielles a la Cour de Justice des Communautès Europeénnes presentées par des arbitres » che pone una questione sostanzialmente analoga a quella risolta positivamente dalla nostra Corte Costituzionale in ordine alla problematica della censura di costituzionalità della norma regolatrice del rapporto controverso.

                Ma sono altrettanto centrali la problematica del rispetto da parte degli arbitri delle norme e politica di concorrenza, e il rispetto del concetto di ordine pubblico comunitario.

[4] V. in argomenti AA.VV: La libertà di stabilimento e la società tra avvocati  di Remo Danovi, Stefano Bastianon e Giuseppe Colavitti Milano IPSOA 20001  ed ivi la brillante introduzione di carattere generale che precede il commento articolo per articolo su decreto legislativo 2 febbraio 2001 n. 96 cit.

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