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-Cittadino-Consumatore e accesso alla Giustizia

-Cittadino-Consumatore e accesso alla Giustizia

“Cittadino-Consumatore e accesso alla Giustizia”

di avv. Carlo C. Carli [1]

 (articolo pubblicato sulla rivista "Praticamente Diritto", collegata al Portale giuridico friulano www.apa-pn.it)

 

Abstract

Il Cittadino è oramai tale non solo per lo Stato di origine, ma per la Comunità giuridica allargata di cui questo fa parte; nel caso dell’Europa è la UE, ma situazioni simili sono presenti negli altri continenti.

Il Consumatore è oggi parte attiva non solo di un’area ristretta, ma di un Mercato globale, dove le regole si vanno sempre più omogeneizzando di pari passo con la standardizzazione della produzione di beni e con quella della produzione normativa.

In tale quadro, il Cittadino è soggetto sempre più di posizioni giuridiche a rilievo comunitario ed internazionale e, non a caso, si va definendo un “diritto uniforme”. Dal suo canto, il Consumatore è sempre più al centro del sistema produttivo, che lo vede come vero e proprio “ingranaggio” del sistema, anche detto “stake holder”.

In questo contesto giuridico-economico, il Cittadino-consumatore deve cercare di essere quanto più possibile consapevole dei propri diritti e doveri.

Lo Stato, conscio di tale situazione, ha già predisposto una serie di meccanismi – sia attivi che passivi, sia diretti che indiretti – che tendono a tutelare tali posizioni giuridiche, al contempo garantendo l’ordinamento ed il sistema economico.

Introduzione

In considerazione del particolare contesto in cui ci troviamo (un convegno organizzato con il contributo dell’Amministrazione comunale e della Proloco) vorrei preliminarmente pormi una domanda e fare una considerazione: come può un’associazione essere vicino ai Cittadini ?

Per rispondere, ricordo che oggi siamo qui con i rappresentanti di due tipologie di associazioni: (A) UN’ASSOCIAZIONE DI UTENTI (come CONSUMATORI, PICCOLI AZIONISTI, DIPENDENTI AZIONISTI, ABITANTI DI COOPERATIVE, …), che quindi potrà fornire: (1) soluzioni a problematiche della vita quotidiana, a “soprusi” generici, alle distorsioni del mercato, alla vessatorietà di comportamento di imprese, etc…, (2) assistenza nelle procedure di reclamo ed in quelle di conciliazione; (3) assistenza per le “Class action”; (4) sindacalizzazione. (B) UN’ASSOCIAZIONE DI PROFESSIONISTI (come AGEIE e come APA-PN) che quindi potrà fornire apporto: (1) promovendo la professionalità, ovunque e comunque manifestata; (2) incentivando l’interscambio delle informazioni, per una comune crescita culturale oltre che professionale; (3) assistendo gli iscritti in specifiche problematiche – dalla stesura di un parere, all’organizzazione di un convegno, alla redazione di un comunicato stampa; (4) aumentando la visibilità del professionista; (5) fornendo assistenza per le “Class action” e per i processi conciliativi; (6) fornendo studi e pareri ovvero partecipando ad audizioni degli enti esponenziali nazionali e locali, nell’ottica della sussidiarietà orizzontale.

D’altra parte bisogna tenere conto che lo Stato considera il Cittadino quale Utente di servizi

Più in particolare – è la materia di cui devo trattare – lo considera come destinatario di servizi giudiziari e paragiudiziali dell’Azienda-stato.

In tale ultimo ambito, è chiaro che è fondamentale la percezione di fruibilità e semplicità degli strumenti che lo Stato mette a disposizione per diminuire la conflittualità sociale. Conflittualità, quindi, e non solo “controversie” giuridiche.

Tale scopo - per raggiungere il quale un posto indispensabile è fornito dall’apporto dei Dipendenti pubblici – nazionali e locali – ed un ruolo fondamentale è svolto dai Professionisti si può ritenere abbia numerosi effetti.

Innanzitutto, quello della Semplificazione e della Trasparenza dell’azione statale, in una funzione – quale quella della Giustizia o ad essa collegabile (cioè, ad esempio, l’azione degli Enti di Conciliazione) – di importanza basilare per determinare la costruzione di una buona convivenza civile.

Secondariamente, quello del miglioramento dell’interazione tra Stato, Istituzioni, Cittadini; tale effetto, in definitiva, è assimilabile a quello conseguente ad una PROCEDURA DI QUALITA’ di una azienda, indispensabile per la riuscita di qualsiasi progetto produttivo (che è anche organizzativo e comunicativo).

Inoltre, quello di carattere economico, collegabile ai minori costi, tanto sia per i Singoli, che per gli Organi pubblici, nonché per il Sistema-paese: meno energie, tempo, danaro per il Cittadino; meno risorse economiche impiegate dallo Stato per gestire l’organizzazione amministrativa e l’erogazione di servizi; migliori condizioni per gli Operatori della Giustizia per prestare la propria attività.

In conclusione, lo Stato è – o dovrebbe essere – attento a far percepire il messaggio che la Giustizia non solo rappresenta una tipica funzione dello Stato che mira alla regolamentazione giuridica dei rapporti e tutelare gli interessi ritenuti degni di tutela, bensì anche uno strumento del gruppo sociale per la crescita del benessere psico-fisico (che ha valenza economica!).

Orbene, da uno “sguardo di insieme” che cercheremo di delineare succintamente qui, risalta la complessità del contesto socio-normativo e ciò, tra l’altro, a mio avviso,dimostra che si va delineando una nuova definizione di “Cittadino”: essa, appaiata a quella di “Utente” e di “Consumatore”, ci porta a ridefinire il concetto di “parte debole” per andare a delineare quello di “interesse di riferimento” che l’Ordinamento decide di rendere degno di tutela per garantire un generale ed equilibrato sviluppo del mercato e della ricchezza fa.

Tali considerazioni confluiscono nella formazione di una base normativa e comportamentale con la quale si può costruire un sistema – quanto più possibile oggettivo – di definizione ai fini giuridici ed economici dei comportamenti aziendali.

1. strumenti che concretizzano ipotesi di attività in cui il Cittadino direttamente adisce la Giustizia

Esistono vari settori in cui sono possibili delle attività che i Cittadini possono direttamente porre in essere “per ottenere Giustizia” . Si ricordano: il processo esecutivo; le notifiche giudiziarie; il procedimento fallimentare; l’accesso agli atti giudiziari e la difesa della privacy; il processo tutelare e quello minorile; il rito di fronte al giudice unico. Intere fasi dei giudizi, quali la cancellazione dei protesti, la citazione testi e la richiesta atti.

Infine esistono procedure giudiziali o paragiudiziali che si svolgono completamente (o quasi) senza l’intervento di “mediatori giuridici”, cioè: giudice di pace; difensore civico; conciliatore.

 

Oggi sempre in modo maggiore si può vedere che il Legislatore – a livello locale, nazionale, comunitario – prende come punto di riferimento il Consumatore, l’Utente, il Cittadino; in una parola: la Parte “debole”. Meglio sarebbe forse dire che la Norma sempre più considera in modo manifesto lo specifico interesse di riferimento, quasi che si dovesse dimostrare la necessità pratica della propria esistenza.

Vari sono, pertanto, i possibili punti di vista: diritti del Cittadino, sia “ordinario”, sia come riferimento di settori specifici, quale quello tributario, ovvero quello dei servizi pubblici; diritti della riservatezza; tutela degli acquisti; l’etichettatura dei prodotti; la pubblicità; il risparmiatore; l’assicurato; il viaggiatore; il turista; l’avventore di negozi, lavanderie, bar; trasparenza nei rapporti della PA e con la PA; l’utente telefonico; la responsabilità per danni di rappresentanti, padroni, committenti, custode, proprietari di animali e di auto, professionisti; l’utente dei servizi giudiziari.

E’ quindi il Cittadino che, quale Consumatore, è considerato come “soggetto debole”; egli è però anche un importante “attore del Mercato” (non più, quindi, solo un attore della richiesta di servizi pubblici), concretizzando la figura di soggetto che, per suo tramite, permette lo sviluppo della funzione dello Stato, cioè di sollecitare l’applicazione dell’equilibrato sviluppo della Ricchezza.

Attore che, in considerazione della sua posizione di “debolezza” - ma, come vedremo, in tal modo si vuole più in generale garantire l’equilibrato sviluppo del Mercato - si ritiene assoggettato ad una serie di asimmetrie: informativa; contrattuale; organizzativa.

Proprio per riequilibrare queste posizioni asimmetriche, il Legislatore prevede una “simmetria ex lege“, ovvero un bilanciamento preventivo degli interessi protetti, a seconda dei punti di vista:

- per l’asimmetria informativa, viene previsto a carico dell’imprenditore l’onere della “compiuta” conoscenza del consumatore;

- per l’asimmetria contrattuale, viene prevista l’eliminazione del “pregiudizio” della parte contraente debole, attraverso la facoltà di recesso e la nullità delle clausole abusive;

- per l’asimmetria organizzativa, viene prevista la possibilità di adire direttamente la Giustizia, ovvero ottenere la risoluzione extragiudiziale del conflitto.

Conseguentemente il Cittadino, come Consumatore, è considerato “portatore d’interessi”, sia verso lo Stato che verso l’Impresa. Ecco quindi che gli “STAKEHOLDERS” oggi diventano tanto importanti quanto - se non più - degli “STOCKHOLDERS”. Ecco il Cittadino-consumatore che concretizza ed impersonifica il ruolo di importante “traduttore di valori” che l’Ordinamento giudica validi e necessitanti di tutela.

Al di là dello “sguardo di insieme”, che pure si vuole mettere in risalto per poter comprendere la complessità del contesto socio-normativo, desidero in questo studio dimostrare che si va delineando una nuova definizione di “consumatore”. Essa, appaiata a quella di “utente” e di “cittadino”, ci porta a ridefinire il concetto di “parte debole” per andare a delineare quello di “interesse di riferimento” che l’Ordinamento decide di tutelare.

Tra le questioni che dovrebbero essere affrontate, tanto dal legislatore, quanto dai pratici, credo che sicuramente si debba porre la questione della rappresentabilità degli interessi. Argomento questo che racchiude l’essenza e la esistenza dei vari gruppi organizzati – tra cui le associazioni di consumatori e quelle di categoria – e quindi la loro capacità legale di adempiere fino in fondo alla loro funzione di traduttori sociali di valori.

Ormai da anni, si discute, soprattutto in sedi giudiziarie, sia civili che penali, su cosa sia interesse protetto e su chi sia legittimato a rappresentarlo [2]. Spesso si è fermi alla disputa di cosa sia interesse privato e pubblico, o – ancor peggio - addirittura tra interesse legittimo e diritto soggettivo. E’ forse giunto il momento di andare avanti. Il progetto di normativa consumeristica francese, ad esempio, sposa tale tesi.

 

2. Cittadino E CONSUMATORE: concetti equivalenti ?

Negli ultimi anni, soprattutto grazie alle spinte di carattere comunitario ed internazionale, ma anche per un differente approccio dell’Impresa alla considerazione del “Consumatore-cliente”, il Legislatore nazionale ha modificato – spesso in modo considerevole – precedenti cardini contrattuali, adeguandosi a migliori livelli di tutela del “Consumatore-utente” e “Consumatore-cittadino”, sia nel campo privato che in quello pubblico.

In tali ambiti generalmente si ritiene che il Consumatore, il Cliente e l’Utente siano a priori considerati dalle norme come “parte debole” ([3]).

Il punto è, a mio parere, che – per interpretare correttamente e concretamente la ratio legis - non dobbiamo aver presente il vecchio concetto di “consumatore” e cioè di “colui che acquista un prodotto o un servizio da un’impresa”, descrizione in cui rientra anche l’utente di un servizio pubblico e l’acquirente di un bene pubblico. Si dovrebbe invece puntare l’attenzione sul sunallagma contrattuale, che deve comportare un’equa corrispondenza del valore economico delle prestazioni dedotte nell’obbligazione contrattuale: l’Ordinamento, cioè, in tanto riconosce tutela ad un rapporto (che diventa giuridicamente vincolante), in quanto lo considera prodotto con parametri standard degni di tale tutela.

Si tratta, quindi, a mio parere, in primo luogo di spostare l’attenzione sul momento oggettivo del rapporto e non già su quello soggettivo. Ora, l’aspetto oggettivo possiede una valenza più socio-economica e pertanto può essere valutabile a priori.

In sostanza, un contratto è lecito o meno, non perché in astratto sia inconcepibile, ma perché l’Ordinamento (quell’Ordinamento, in quel momento storico) ha ritenuto certi parametri degni o meno di tutela.

Se quanto affermo ha un senso, ne deriverebbe in secondo luogo che “Consumatore” è qualsiasi “Parte” – sia essa persona fisica o giuridica, professionista, impresa, o casalinga – di un rapporto generatore di obbligazioni [4], in linea con i principi guida dell’Ordinamento esistente.

Ciò è anche dimostrato dalla circostanza che non tutte le norme che si occupano di tutelare il Consumatore fanno riferimento solo al “contraente non professionista”; varie sono infatti quelle che non operano differenze.

A mio avviso, quindi, mentre nel primo caso si parla di parametri socio-economici, nel secondo passaggio non può non farsi un riferimento anche alla “eticità” del rapporto. Non “moralità” quindi, che consegue a giudizi perlopiù conseguenti a concezioni religiose e, comunque, astratte. Ma per parlare di “eticità” con un minimo di concretezza, ritengo indispensabile ricorrere a criteri quanto più oggettivi possibili ed è qui, pertanto, che ci aiutano le scienze della giuri- ed econo-metrica e dell’analisi giuridico-economica.

Da tale situazione deriverebbe che fattispecie contrattuali - che pure sarebbero ossequiose delle condizioni formali di ottemperanza alla Legge – potrebbero concretizzare ipotesi di non applicazione dello spirito e dei principi cui detta Legge si richiami.

Ciò ritengo sia avvalorato dall’esame attento dell’attuale fase del consumerismo europeo.

Come ho detto, oggi, esso mostra il Consumatore sotto quattro focal points [5]:

a) come “soggetto debole” di fronte alle tecniche di marketing, alla complessità dei servizi e prodotti, all’accesso alla Giustizia;

a.1) “particolarmente debole” spesso; è il c.d. Consumatore speciale, tra i quali: bambini, anziani, ghetto consumers, con basso reddito, malati. In questo caso, l’intento del Legislatore è essenzialmente quello di rinforzare la posizione di una delle PArti, costruendo un consenso consapevole e addebitando una responsabilità oggettiva al produttore.

b) come “attore del mercato”; nel Codice commerciale napoleonico del 1800, il Consumatore era evidentemente un soggetto che possedeva le necessarie informazioni sul bene, aveva potere negoziale, capacità di gestione del contratto e del contenzioso. Nel Codice civile del 1942 è un soggetto economico che necessita di tutela, in quanto la crescita dell’economia non è andata di pari passo con quella della cultura sociale. Nel terzo millennio, la globalizzazione dei mercati e la deistituzionalizzazione ha tolto dei punti di riferimento importanti per i Cittadini. Ora, però, non si tratta più di “raddrizzare” un rapporto, ma di evitare un sua debolezza oggettiva che però rende non competitivo l’intero Mercato (ma meglio sarebbe forse dire l’Area, ...) e quindi non efficiente lo strumento giuridico.

E’ così che, tramite la tutela del consumatore (corretta concorrenza, nullità clausole abusive, azioni inibitorie collettive, equilibrio contrattuale) il Mercato tende a recuperare efficienza.

c) come “stake holder”; è un essenziale “portatore di interessi” per l’impresa. Egli può collaborare con l’impresa segnalando (vedi i “suggerimenti” all’hotel o alla compagnia aerea), finanziando (v. l’acquisto di pacchetti turistici), co-progettando (v. i suggerimenti per miglioramento del software), valutando. Sicurezza dei prodotti (farmaceutici),controlli di qualità, fiducia  nelle nuove tecniche di marketing (e-commerce), risoluzione coesistenziale delle controversie (ADR), richiedono collaborazione dei consumatori.

In tal modo egli migliora la Qualità dell’impresa; anzi è parte integrante del suo processo qualità. Si potrebbe anche dire che un’impresa è di qualità se ha creato consumatori esigenti, leali e che rivendicano i propri diritti! Il Consumatore in tal modo costituisce il “capitale relazionale” dell’impresa, che costituisce ciò che oggi determina il suo vantaggio competitivo.

d) come “agente sociale transnazionale”; la globalizzazione dell’economia ha portato alla creazione di nuovi settori del mercato mondiale (informatica, multimedialità,alimenti )in cui gli attori tradizionali del mercato nazionale (imprese ,Stati, Consumatori domestici) sono stati soppiantati dai c.d. “soggetti transnazionali” (imprese multinazionali, org.internazionali quale la W.T.O.).

Ma la globalizzazione produce nuove asimmetrie: (1) per la delocalizzazione produttiva: asimmetrie informative su individuazione del produttore e asimmetrie organizzative su diritto applicabile e foro competente; (2) per la Complessità tecnologica (che tra l’altro implica una Innovazione continua): asimmetrie contrattuali specie per la Segmentazione (per defisicizzazione dei beni e per delocalizzazione della produzione) del processo produttivo; (3) per il nuovo rapporto Tempo/Spazio (che tra l’altro comporta l’Immediatezza e l’ultratemporalità): asimmetrie informative sulla costruzione di una consapevolezza del consenso e asimmetrie organizzative su costruzione di un Consumo equo e solidale,ecocompatibile

E l’esistenza di tali nuove asimmetrie apre le porte ad altre considerazioni, che qui non si possono che larvatamente accennare: individuazione di doveri dei consumatori; creazione di principi di responsabilità e di precauzione per il contraente; creazione del concetto di ecocompatibilità dei consumi; utilizzazione del consumerismo quale strumento per la difesa internazionale; etc.....

3. Contenzioso e Conflittualità

Orbene, tenendo presente che ormai da anni lo scopo dell’impresa è “complesso” (connesso com’è alla necessità di tener conto di esigenze di molti soggetti o “stake holders”: Stato e Mercato, lavoratori e managers, azionisti di minoranza e dipendenti azionisti, consumatori, creditori, finanziatori, ...) e complessa è la sua gestione, ciò può essere utilmente attuato attraverso i principi del diritto dell’economia e dell’economia del diritto. Tali principi prevedono strumenti per rendere efficiente il rapporto tra realtà aziendale e realtà esterna; esigenza, quest’ultima, strettamente consequenziale al fatto che oggi sempre di più, la qualità del servizio / prodotto offerti sono dipendenti proprio dalla qualità del cliente ! più questi è esigente, più l’impresa diventa “di qualità”!

Tra i principi sopra ricordati c’è la celebre “teoria dei giochi”. Essa tra l’altro ci dice che il “gioco a somma zero” è quello in cui la “torta” è distribuita fra i partecipanti e vi è un soggetto che ha vantaggi ed un altro che ha corrispondenti svantaggi. Conseguentemente, la teoria (con un approfondimento fatto da NASH) ci dice che detto comportamento concretizza solo una “strategia sub-ottimale”, che cerca di limitare i rischi e non di aumentare i vantaggi. Al contrario, il “gioco a somma positiva” è quel comportamento con cui si riesce ad ottenere un vantaggio per tutti i partecipanti (cioè ampliando la torta, ad esempio con l’introduzione di processi innovativi, oppure strappando posizioni nei confronti di un terzo concorrente – Stato o competitore straniero, per esempio – che così avrà meno vantaggi).

Tra quei principi ci sono anche alcune norme giuridiche (esempio le procedure conciliative e le regole sul riequilibrio delle prestazioni contrattuali) che dovrebbero poter portare a massimizzare i giochi positivi, cioè a consentire di ampliare la torta, o a ridistribuirne le fette, così che i soggetti interessati siano soddisfatti. Sottolineo: le regole sul riequilibrio delle prestazioni contrattuali non possono essere considerate (nonostante il contrario avviso della giurisprudenza) solo delle norme per la tutela del contraente debole. E ciò in quanto, solo avendo di mira l’oggettività delle pretese, l’Ordinamento può sperare di essere applicato in modo più conforme a ciò che viene normalmente considerato “più giusto” ovvero “etico”.

Se è vero quanto detto, la tutela non può infatti che essere considerata in senso oggettivo e tale da consentire l’efficienza dello strumento contrattuale verso un rapporto economico tra parti diverse. E’ solo con la creazione di un soggetto di mercato efficiente – cioè il cittadino-consumatore di una certa area – che si può rendere efficiente il mercato. Quindi le norme a tutela del consumatore non costituiscono solo norme a difesa di soggetti supposti deboli, ma norme a tutela dell’efficienza stessa del mercato. Queste sì, che consentono “giochi a somma positiva”, con valore per l’intero gruppo sociale di riferimento.

E’ cos’ che si può dire che il contenzioso aziendale e - più in generale - la conflittualità generata nei rapporti tra Entità fisiche e/o giuridiche in un certo Paese o Area, costituisca un problema che travalica di gran lungo quello squisitamente giuridico (cioè: chi ha “ragione”, perché, come, quando). Oggi, peraltro, con il moderno modello o di capitalismo e con la sua diffusione planetaria, la complessità del fenomeno è aumentata, andandosi a modificare le modalità d’azione, lo spazio dove interagire ed i soggetti che possono interloquire.

Non è un caso che la “gestione della complessità”, da oggetto di sofisticazioni filosofiche e tutt’alpiù matematiche, sia diventato un must dell’economia e del diritto. La materia, ritengo, potrebbe esser considerata da due differenti - ma intersecantesi - punti di vista o chiavi di lettura: economico-sociale, l’uno e etico-giuridico, l’altro.

Nel primo senso, essenzialmente si tratta di valutare in termini di costo/beneficio (cioè nel rapporto efficacia ed efficienza, sia per singoli, che per Imprese e Stato) cosa convenga fare per risolvere lo specifico problema. Cioè, in definitiva: quanto mi costa “litigare” ? Nel secondo senso, si tratta in pratica di determinare i principi del comportamento (regole e qualità) e quindi impostare la scelta dell’azione più conveniente. E questa, in estrema sintesi, è: avere “ragione”, oppure risolvere un “problema” ?

Pertanto, sintetizzando: (1) esistono taluni problemi: (A) come costruire un sistema di definizione delle liti, in cui peraltro sia possibile un semplice, facile ed equo accesso alla Giustizia ? (B) come garantire a Impresa e Cittadino (comune, “Utente”, o “Consumatore”) una soluzione rapida delle proprie controversie ? (2) possono prospettarsi alcune soluzioni: (A) incentivare - da un punto di vista legislativo e finanziario - il ricorso a strumenti conciliativi, da chiunque e comunque siano posti in essere, facendo ricorso con pari dignità ad una pluralità di modelli di conciliazione, anche on-line; (B) rendere omogenei e strutturati i vari sistemi oggi esistenti, con l’adozione di criteri standard in una normativa quadro, sia in capo civilistico che amministrativo ed in particolare quelli delle Camere di Commercio e delle Associazioni consumeristiche; (C) utilizzare, omogeneizzandole e normativizzandole, le altre strutture private per ipotesi di soluzioni tipicamente stragiudiziali, quali quelli classici di arbitraggio o quelli innovativi nel campo internazionale; (D) riconoscere l'esperienza delle Associazioni nel campo ed implementare gli accordi tra Enti e/o Associazioni datoriali, sindacali, consumeristiche; (E) monitorare che il costo sia comunque contenuto, quale condizione forse unica di successo dell'istituto specie tra i consumatori medi; (F) mantenere ed incentivare la completa volontarietà della fase conciliativa; (G) prevedere  un’eventuale omologazione da parte di un Ente-terzo (Ministero, Autorità, Giudice o Ente apposito).

 

L'impresa deve pertanto capire – proprio nella logica del profitto - che la litigiosità rappresenta un costo e che l'approccio al cliente (con il quale, eventualmente, si potrà avere un rapporto anche in futuro) ha un suo proprio costo: potrebbe risultare persino ridicolo parlare di marketing e di pubblicità per acquisire clienti, per poi perderli a motivo di una non sufficiente cura.

La Comunicazione è parte integrante di tale approccio; e quando si mantiene un atteggiamento conflittuale, magari solo con risposte telefoniche aggressive o scostanti, di fatto l’azienda comunica “di non essere dalla stessa parte del cliente” !

Quindi, siccome l'Impresa rappresenta un’entità organizzata al fine di raggiungere il profitto economico (che di norma è dato dalla differenza tra costi e ricavi), non si può non adottare un criterio di valutazione dei costi dei procedimenti interni e, in definitiva, l'adozione di un sistema di regole, che oggi è anche definibile come "processo Qualità". ….E, guarda caso, esso è molto simile a quanto ora previsto dai ”modelli comportamentali” per determinare la responsabilità etico-sociale dell’impresa.

 

Ora, personalmente credo che lo sforzo necessario debba essere non solo quello del "Cittadino-impresa" e del "Cittadino-Consumatore" nell'approcciare i problemi, ma anche quello del Legislatore nazionale e comunitario: essi debbono rendere omogenei gli istituti e strutturati gli interventi in tema di "metodi alternativi di ricorso alla Giustizia".

Non ci deve essere una “giustizia “privata”, o peggio una “giustizia per ricchi”; ci deve però essere un equo accesso alla Giustizia. Evidentemente, è dovuta la massima attenzione alla generale tendenza per un’eccessiva normativizzazione: troppe regole paralizzano e burocratizzano quello che deve essere un modo semplice di arrivare a chiudere le vertenze. Quindi le regole devono limitarsi a definire alcune garanzie minime del procedimento, come già fa la direttiva europea e come si fa nell’accordo quadro in seguito descritto.

4. Litigiosità e rapporti umani

 

Nel recente Quadro I.C.E. [6], tra le caratteristiche della composizione stragiudiziale delle controversie che colpiscono la mia immaginazione - oltre gli aspetti dei costi collegati al processo -, c'è quello del suo carattere di disponibilità da parte dei singoli: essi non si spogliano delle proprie vicende e volontariamente negoziano le proprie posizioni.

Inoltre, si ricorda che in un recente Rapporto ISAE [7] viene segnalato come – per motivazioni “economiche”, non “etiche”! – le priorità nazionali per ricercare una crescita economica omogenea ed equa siano: (A) le norme chiare; (B) la flessibilità, di rapporti e caratteri. Nel Rapporto, viene altresì evidenziato che la regolamentazione troppo rigida mortifica le opportunità di crescita ed anzi frena la mobilità sociale, che sono individuati come fattori indispensabili alla competitività del Sistema-Paese.

Nella ricerca di una crescita economica del sistema, tre sono individuati essere i criteri fondamentali: Informazione, Interpretazione dei segnali sociali, Certezza ed applicabilità delle conseguenze dei comportamenti.

quadro sinottico di comparazione tra strumenti di composizione di aspettative / controversie

 

NEGOZIAZIONE

CONCILIAZIONE

ARBITRATO

PROCESSO CIV.

Disponibilità diritti

Volontario

Volontario

Volontario

Coattivo

Vincolatività

se c'è accordo, vale come contratto

se c'è accordo, in genere vale come contratto

Vincolante, soggetto ad impugnazione in casi limitati

Vincolante, soggetto ad impugnazione

Ruolo del terzo

Nessuno

scelto dalle parti con potere di facilitare, in genere esperto nella materia del contendere

Scelto dalle parti, con potere di decidere, di norma esperto nella materia del contendere

Non scelto dalle parti, con potere di decidere, non necess. esperto nella materia del contendere

Formalismo

assente, di norma

assente, di norma

Presente, con regole proced. Talora determinate dalle parti

Elevato, con regole proced. Predeterminate e rigide

Natura del procedimento

prove, argomenti ed interessi sono presentati senza formalità

prove, argomenti ed interessi sono presentati senza formalità

Consente ai contendenti di presentare prove ed argomenti

Parti possono presentare prove e argomenti

Risultato

Ricerca di soluzione mutuamente soddisfacente

ricerca di soluzione mutuamente soddisfacente

Lodo, talora accompagnato da motivazione

Sentenza, con motivazione

Natura giuridica

Privato

Privato

Privato, se non vi è impugnazione

Pubblico

5. LA CONCILIAZIONE

 

Nella CONCILIAZIONE a differenza che nelle altre procedure ricordate nello specchietto, alla fine non ci sarà “una delle Parti” che avrà “ragione”, bensì ci saranno due “Entità” che avranno motivi per coesistere. Non ci sarà “definizione conflittuale delle ragioni”, bensì “composizione dei conflitti” [8]. Essa quindi, sostanzialmente, costituisce un UTILE MEZZO ALTERNATIVO ALLA GIUSTIZIA ORDINARIA il cui presupposto e fine è eliminare la conflittualità e non “avere ragione” !

E’ purtroppo ben noto che tante, troppe sono nel nostro Paese le controversie – specie quelle tra operatori commerciali e consumatori - e quanto lungo e costoso ricorrere ai tradizionali mezzi di giustizia. E’ invece meno noto che – spesso – siamo noi stessi, con il nostro atteggiamento (positivo, negativo) o proprio per mancanza di comunicazione a generare conflittualità nei rapporti con chi ci sta attorno.

Quando si vuole risolvere un problema, ci si deve innanzitutto chiedere: cosa ho fatto io per generarlo ? Dopo aver analizzato la situazione e dopo aver considerato cosa in effetti ci “giochiamo”, possiamo decidere la strategia sul dafarsi: tra gli strumenti c’è ovviamente anche quella di agire in giudizio, ma non solo ! Tra i diversi strumenti alternativi, la conciliazione offre senza dubbio una Giustizia piuttosto rapida ed a costi accessibili.

La varie (specifiche) norme e le Proposte di Legge sulla disciplina e la promozione della conciliazione stragiudiziale professionale costituiscono un chiaro segnale che anche nel nostro Paese si vuole attuare l’introduzione delle c.d. ADR (Alternative Dispute Resolution), modalità tipica dei paesi anglo-sassoni, ove riscuote un notevole successo e degli ottimi risultati e che oggi, con i D.M. 500 e 501 dell’agosto 2004 ricevono un’essenziale fase di riconoscimento. Già oggi, in alcuni casi la conciliazione è obbligatoria in caso di lite (v. ad esempio la legge 192/1998 sulla sub-fornitura), mentre nella maggior parte dei casi resta facoltativa e – spesso - non ancora organicamente formalizzata a livello giuridico.

Presso le Camere di Commercio già esistono da tempo gli uffici di conciliazione e con la nuova normativa sarà ora possibile costituire organismi di conciliazione. Esistono poi vari organismi di carattere privato: gli Enti Bilaterali di Conciliazione, costituiti da organizzazioni di categorie professionali e/o da organizzazioni sindacali; le Commissioni Bilaterali di Conciliazione, tra imprese di erogazione di servizi (TELECOM, TIM, POSTE, ANIA) e associazioni consumeristiche.

La nuova regolamentazione (combinato disposto del D.lgs. 5/2003 e del D.M. 500 / 501/2004) tra l’altro agevola addirittura coloro che ricorrendo alla conciliazione prima della disputa giudiziaria non riescano tuttavia a trovare un accordo. E si potrà arrivare a condannare alle spese del procedimento giudiziario anche chi – pur dichiarato vittorioso - non abbia voluto concludere in conciliazione quanto ha poi dovuto essere oggetto del procedimento.

Questo particolare istituto ha notevoli pregi, ma non trascurabile quello della possibilità di scongiurare una lite e, quindi, di raggiungere un accordo che spesso salva anche un rapporto a prestazioni continuative. Si pensi al rapporto lavorativo o anche all’erogazione di servizi. Infatti, chi litiga in genere non riconosce i propri errori mentre chi concilia esprime la volontà di chiudere bonariamente una vertenza !

Si ricordi: la Conciliazione, come sistema di deconflittualizzazione di rapporti sociali è concettualmente diversa dalla conciliazione, come strumento giudiziale e stragiudiziale previsto da numerose normative. La prima comprende la seconda, ma non viceversa.

Chi intende ricorrere alla Conciliazione (sia esso impresa o consumatore) per risolvere una controversia, invia alla segreteria del servizio di conciliazione (per ora, generalmente presso le C.C.I.A.A.) un’apposita istanza ove si indicano le proprie generalità, quelle della parte nei confronti della quale si indirizza la domanda e una generica esposizione dei fatti. Sarà la Segreteria a contattare la controparte e se entrambi le parti saranno d’accordo ad avvalersi del rito conciliativo, è nominato da un’apposita Commissione il Conciliatore.

Si avvia così la procedura conciliativa, dove le parti ed il conciliatore concordano un incontro che verrà di norma snodato nel seguente modo: a) fase preliminare: si apre la conciliazione con una presentazione delle finalità e dei comportamenti da rispettare con l’impegno di tutti alla riservatezza; b) incontro tra le parti ed il conciliatore: esposizione dei fatti ove ognuno espone le proprie ragioni con calma e tranquillità senza creare inutili tensioni e senza interrompere l’esposizione di ognuno; c) ricerca della soluzione: il conciliatore, anche valutando lo scambio di opinioni espresse da ognuno singolarmente ed in maniera riservata, ricerca le varie soluzioni cercando così di far accettare i contenuti dell’accordo; d) accordo e relazione del verbale: si redige il verbale di accordo ovvero di mancata conciliazione nel caso di disaccordo.

L’esperienza insegna che in genere le conciliazioni si concludono in un termine ragionevole di circa trenta giorni dalla data di presentazione della richiesta presso la segreteria e che l’intera procedura nella maggior parte dei casi è espletata nell’arco di una giornata lavorativa. I regolamenti della conciliazione e le tariffe applicate per tale procedura sono reperibili presso le segreterie degli uffici di conciliazione ovvero tramite internet.

La cultura mediazione e' essenzialmente una condivisione di cultura: non ci può essere accordo se non c’è accettazione della necessità di confrontarsi. A) PARLARSI quindi B) CAPIRSI e pertanto C) ACCORDARSI. L’accettazione di un dialogo che coglie fatti e ragioni delle controversie affrontate e degli interessi coinvolti: l'intento non è di perpetuarle, ma di risolverle, contribuendo così a ricreare condizioni di coesistenza, di rapporti trasparenti e fondati su regole.

Oggi, in Italia, possiamo indicare esistenti le seguenti tipologie di conciliazione suddividendole per: (A) normativa di riferimento: 1) sportiva - 2) economica - 3) camerale - 4) appalti pubblici, pubblico impiego - 5) subfornitura - 6) franchising - 8) brevetti - 9) nomi a dominio; (B) natura: 1) giudiziale - 2) stragiudiziale; (C) luogo di formazione: 1) giudiziale - 3) convenzionata – 4) camerale; (D) modalità procedurale: 1) paritetica – 2) assistita – 3) facilitata; (E) regolamento processuale di riferimento: 1) amministrata – 2) ad hoc.

In particolare, si può affermare che l’esperienza di conciliazione e arbitrato in Italia si è sviluppata su quattro impostazioni: A) quella fondata su protocolli di intesa fra Associazioni di Consumatori e Aziende o Associazioni di imprese e legittimata dalla Raccomandazione UE; B) quella fondata sulla L. 580/1993 che ha riformato il sistema Camere di Commercio. C) la terza, fondata essenzialmente sull’attività di organi giudiziari o amministrativi, prevista da norme specifiche. D) inoltre deve essere annoverata quella gestita da entità private, fondata essenzialmente sulle norme civilistiche.

 

Tuttavia, ritengo di poter affermare che tutto ciò valga anche per lo Stato, visto come insieme di soggetti economici che agiscono nel mercato territorialmente di competenza. Bisogna però dire che vale anche per lo Stato visto come attore: quando agisce direttamente con attività economiche, ma anche – più in generale – quando pone in essere quelle attività di strategia e gestione che gli sono proprie. Il problema, peraltro, è tutt’altro che semplice, né di poco conto e non si può ridurre alle poche parole di questa limitata trattazione. Desidererei quindi solo richiamare alcuni tentativi di studio dei problemi coinvolti. Tra questi cito l’apprezzabilissima opera di misurazione dell’efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa operata in seno al C.N.E.L. ed all’ISTAT e che è servita da approfondimento per le concrete fattispecie poste in essere nelle varie amministrazioni locali e centrali.

Si tratta, in primo luogo, di esaminare la valutazione dei servizi resi e degli atti emessi dalle amministrazioni giudiziarie (personale amministrativo e giudiziario) al fine di determinare la sua incidenza nel bilancio pubblico ed il rapporto costo/beneficio a cui da luogo. Ma, come la mole di norme intervenute dimostra, è molto difficile parlare di costi in questo settore. E poi: come misurare il grado di “gradimento del cliente” (come Utente, Cittadino e Contribuente) ?

In conclusione ritengo appaia chiaro come enorme sia l’importanza di agevolare uno strumento efficiente per l’eliminazione di controversie, oltre che poco costoso – anzi produttivo di pacificazione - per la Comunità. E ciò, anche perché – giustamente regolamentato e senza preclusioni per quanti appartengano alle così dette “nuove professioni” o “professioni non regolamentate” – esso potrebbe contribuire efficacemente al mercato del lavoro.

6. il Giudice di Pace

L’Ufficio del Giudice di Pace è un ufficio del Ministero di Giustizia, quale espressione di giustizia decentrata nel territorio (mandamento delle ex Preture, ora soppresse) e rapida, che si occupa di azioni personali “minori”; con le competenze penali assegnate al giudice onorario, la volontà del legislatore tende a rendere più leggero e dinamico il carico dei Tribunali ingolfati di quei compiti spesso lasciati ai margini dell’attività giurisdizionale (spesso definiti micro-conflittualità individuale), per l’eccessiva mole di lavoro.

L’istituto del Giudice di Pace vede la nascita con la Legge 21.11.1991 N. 374 che sostituisce il Giudice Conciliatore del Comune; con la legge delega 24 novembre 1999, n. 468, sono assegnate al giudice onorario precise competenze penali, introducendo novità assolute come, per i condannati, la possibilità di scontare piccole pene, autoconsegnandosi a casa propria nei fine settimana agli arresti domiciliari, oppure, se il colpevole è d’accordo, dedicandosi a lavori di pubblica utilità [9].

In sede non contenziosa può essere proposta istanza di conciliazione tanto per le materie di competenza del giudice quanto per le materie di competenza di altro giudice. Il tentativo di conciliazione è presentato con la forma del ricorso presso la cancelleria, con le eventuali marche per l’imposta di bollo e diritti di cancelleria: valgono le stesse regole della causa civile ordinaria, dove sono considerate esenti da imposta le cause con valore dichiarato inferiore a ¼ 1.032,91 (Lire due milioni); le cause superiori e quelle di valore indeterminabile (es. richiesta di far estirpare piante e siepi) sono sottoposte a ¼ 46,48 (L. 90.000) di marche da bollo. La domanda può essere proposta anche in forma verbale e il giudice assistito dall’assistente giudiziario redigerà un verbale che sarà trasmesso a cura della cancelleria all’altra parte assieme al decreto di fissazione per la riunione. Qualora la domanda sia presentata in forma scritta, il giudice fa invitare la cancelleria a notificare la comparizione delle parti avanti a lui [10].

La conciliazione può anche può avvenire in sede di causa, alla prima udienza (in cui dovrebbero comparire le parti in persona): il giudice, disponendo il libero interrogatorio delle parti, esperisce il tentativo di conciliazione. Tale istituto è obbligatoriamente previsto dal codice. Se il tentativo di conciliazione riesce viene redatto processo verbale e si conclude il processo. Se il tentativo di conciliazione non riesce se ne dà atto a verbale e la causa prosegue con la trattazione: non è tuttavia da escludersi la possibilità, da parte dei procuratori delle parti, di esperire un altro tentativo durante l’istruzione.

 

7. Il Difensore Civico

Il Difensore Civico - con cui il precedente è spesso confuso - opera in convenzione tra Regioni, Province e Comuni (reperibile presso gli uffici di questi Enti Locali). E’ garante dell’imparzialità e del buon andamento dell’attività amministrativa degli Enti Locali, aziende pubbliche e istituzioni nei confronti degli interessi del cittadino. Un caso particolare di “difensore” del cittadino è l’Onbudman, previsto per i servizi bancari

Ci si rivolge a tale Ufficio per segnalare abusi, mancanze, negligenze e ritardi della Pubblica Amministrazione, per essere di stimolo, individuando punti di debolezza e proporre rimedi in atti amministrativi e regolamenti. Non può sostituirsi ai funzionari, né modificare atti, né prevedere sanzioni.

Il Difensore Civico esamina l’esposto del cittadino e lo informa circa la possibilità o l’impossibilità di riceverlo. Se rientra nelle sue competenze, approfondisce il caso sentendo gli uffici competenti ed infine informa il cittadino del risultato ottenuto. Non può sostituirsi agli organi giudiziari né assistere il cittadino in giudizio.

Egli svolge la sua opera in maniera indipendente e gratuita.

Il Difensore Civico si pone come aiuto al cittadino che può così evitare ricorsi gerarchici o presso il giudice civile, amministrativo o penale (Giudice di Pace compreso) che spesso comportano un iter lungo e costoso.

Egli è altresì cosa diversa dal MEDIATORE EUROPEO e dalla Associazione consumeristica.

Dal MEDIATORE EUROPEO si differenzia per l’ambito di competenza e azione – in quest’ultimo caso è quello comunitario e concerne l’attività dell’amministrazione comunitaria -; dalla Associazione consumeristica si differenzia sia per natura che per modalità di azione. Il difensore civico è un ufficio del comune o della provincia (salvo quelli particolari, come l’Onbudsmann, che svolgono la propria funzione presso gli organismi di settore), mentre le associazioni consumeristiche sono entità private che agiscono nell’ambito del volontariato e che solo talvolta fruiscono di finanziamenti e solo per specifici progetti di cui possono essere titolari.



[1] L’avv. Carli svolge la propria attività professionale in una grande impresa multinazionale. Ha conseguito specializzazioni universitarie in giureconomia, comunicazione istituzionale ed in diritto dei consumatori; è esperto e docente di diritto tributario internazionale. In tali materie inoltre ha pubblicato molti studi ed ha partecipato a vari convegni. E’ presidente di AGEIE, associazione che riunisce i professionisti d’impresa con competenze giuridico-economiche e che promuove lo studio dell’analisi economica del diritto. E’ presidente di ASSOUTENTI LAZIO-UMBRIA, associazione di tutela dei consumatori.

Si segnala che il presente studio – ed in particolare il paragrafo n. 3 - riproduce, con varie modifiche, la relazione dell’A. al convegno ”Giornata nazionale del diritto alla Giustizia”, svoltosi a Roma il 29 maggio 2002, organizzato dall’Ass. Cittadinanza Attiva presso il Ministero Beni Culturali “San Michele”, con il patrocinio del Ministero della Giustizia. Tale Relazione, specificamente, aveva come base vari precedenti interventi effettuati dall’A. in altri convegni sul tema della Conciliazione e dell’Arbitrato. Si ricorda altresì che al citato Convegno di Roma hanno partecipato come Relatori: d.ssa T. PETRANGOLINI (segr. gen. Cittadinanza Att.); avv. S. MACCIONI (resp. naz. giustizia Cittadinanza Att.); avv. A. TRINCIA (segr. gen. agg. Cittadinanza Att.); d.ssa C. MORELLI (resp. inserto “La Legge” di Italia Oggi); avv. G. AGRIZZI (resp. Ass. Giustizia per i Diritti, Udine); dr. M. ALMERIGHI (pres. Ass. Isonomia); avv. S. BERTI (pres. Organismo Unitario Avvocatura); avv. E.N. BUCCICO (pres. Consiglio Nazionale Forense); avv. C.C. CARLI (pres. Co.Valori); on. dr. R. CENTARO (pres. Commissione Bicamerale Fenomeno Mafia); sen. L. MAGNABO’ (V.Pres. Commissione Affari Costituzionali); dr. PAOLUZZI (resp. formazione, Ministero Giustizia); dr. MARTELLO (resp. sez. lavoro, Tribunale Milano); prof. G. CONSO (pres. em. Corte Costituzionale); on. d.ssa A. FINOCCHIARIO (resp. giustizia dei D.S.); avv. F. GRECO (pres. A.I.G.A.); d.ssa D. LUCCA (giornalista); avv. P. MIRANDOLA (pres. Ass. Naz. Forense); dr. P. MORESCHINI (Ass. Adiconsum); avv. D. RUSSO (resp. Ass. Giustizia peri Diritti - Salerno).

[2] Anche se la Dottrina non è concorde, dobbiamo ricordare la presenza nelle norme di alcuni concetti fondamentali.

(A) Interesse Collettivo -  fa capo ad un ente esponenziale di un gruppo non occasionale, della più varia natura giuridica, come ad esempio associazioni private riconosciute, associazioni di fatto, ordini professionali, ma autonomamente individuabile. E' caratterizzato dall' essere: (A) differenziato, in quanto fa capo ad un soggetto individuato, ossia ad una organizzazione di tipo associativo che si distingue tanto dalla collettività quanto dai singoli che ne fanno parte; da ciò consegue che la lesione dell'interesse collettivo legittima al ricorso soltanto l'organizzazione e non i singoli che di essa fanno parte; (B) qualificato, nel senso che esso è previsto e preso in considerazione, sia pure indirettamente, dal diritto oggettivo. Esso deve essere tenuto ben distinto dall' interesse collettivo.

Un'applicazione pratica è contenuta nella L. 281/1998 "Disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti " che in particolare all'art. 3 dispone in merito alla legittimazione ad agire delle “...associazioni dei consumatori e degli utenti inserite nell'elenco di cui all'articolo 5 sono legittimate ad agire a tutela degli interessi collettivi, richiedendo al giudice competente: ...”

(B) Interesse diffuso - è detto anche “adespota”, che non fa capo ad una pluralità determinata di individui, bensì sono comuni a tutti gli individui di una formazione sociale non organizzata e non individuabile autonomamente; né sono ricollegabili a figure soggettive determinate o quanto meno determinabili e considerate come "centri di imputazione" degli stessi . Essi, difettando dei requisiti della personalità e della differenziazione, indicati dalla dottrina e dalla giurisprudenza quali condizioni indispensabili per l'ammissibilità dell'azione, non si prestano ad essere tutelati in sede giurisdizionale se non attraverso una generalizzazione dell'azione popolare, a differenza degli interessi collettivi. Di interessi diffusi parla esplicitamente la L. 241/1990 recante "Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto d'accesso ai documenti amministrativi", il cui art.9 dispone che "qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento, hanno facoltà di intervenire nel procedimento".

Si può quindi affermare, ritengo, che quando una situazione concretizzi uno degli interessi ritenuto dall’Ordinamento degno di tutela – quale la qualità delle prestazioni professionali – l’esistenza di un centro di imputazione concreta di tali interessi astratti costituisce la conditio sine qua non per la concreta tutelabilità di questi ultimi, che da “diffusi” diventano “collettivi”. Cioè, la creazione di un’entità giuridica autonoma – quale che ne sia la forma, sia essa riconosciuta o meno – rappresenta al tempo stesso “verifica” dell’esistenza in capo a certi individui dell’interesse astrattamente ritenuto degno di tutela e “condizione di procedibilità”, cioè tutelabilità dello stesso.

Ecco perché le Associazioni – pur se “non riconosciute” – sono considerate benignamente dall’Ordinamento, con i soli limiti della veridicità, legalità e liceità.

[3] Ritengo assolutamente primario ricordare fin da subito che esiste un copioso “corpus” normativo per la tutela del Cittadino-consumatore. Tra esse, per citare solo quelle nazionali: DPR 224/1998, responsabilità del produttore per danno da prodotto difettoso; D.lgs. 50/1992 e D.lgs. 185/1999, contratti negoziati fuori dei locali commerciali e vendite a distanza (e commercio elettronico); D.lgs. 74/1992, pubblicità ingannevole; D.lgs. 111/1995, vacanze tutto compreso; D.lgs. 115/1995, sicurezza generale dei prodotti; L. 52/1996, clausole vessatorie nei contratti stipulati con consumatori; L. 281/1998, disciplina contratti dei consumatori ed utenti.

Si rimanda alle note informative in: CARLI, C.C., L’impresa nel diritto e nell’economia dei consumi - Regioni ed Autorità indipendenti, tra interessi dei Cittadini “consumatori ed utenti” e rappresentatività delle associazioni consumeristiche, Impresa, 2/2004, p. 266 ss.; C.C. CARLI, cooperative abitative e strumenti deconflittuali – riflessioni di analisi economica e di etica, in: Impresa, 11/2003, p. 1790 ss.; C.C. CARLI, Tra attrazione per il mercato unico e tentazioni del super-mercato. Il senso dell’Europa nel villaggio globale, in. Europaforum, 8/1993, p. 56 ss.

[4] Per una più completa trattazione dell’argomento, mi permetto di rinviare ai precedenti articoli: CARLI, C.C., tutela della privacy  personale attraverso le normative sulle “banche dati” - ...tra diritti degli utenti, obblighi per le imprese e tutela del software, in: Impresa, 5/1997, p. 868; CARLI, C.C., libero mercato globale nell’era del commercio elettronico – nuove strategie delle imprese multinazionali (dalla securitisation alla global share, attraverso la borsa elettronica), in: Impresa, 5/2000, p. 760; CARLI, C.C., il commercio per via elettronica” visto dai consumatori, in: Impresa, 6/2000, p. ... e in www. ... (CO.ES.IN. / Rm 6.11.2000).

[5] Sul punto v. tra gli altri: CALLIANO, O., argomenti esposti nel corso della sua relazione al convegno "GESTIONE DELLA CONFLITTUALITA': STRUMENTI E METODI DELLA MEDIAZIONE E CONCILIAZIONE", organizzato da Co.VALORI a Roma, presso l’istituto studi A.C. Jemolo, il 7 marzo 2003 e in: www.unituri m.it/tdcstoriarim.ppt.

[6] ICE, "la risoluzione alternativa delle controversie", Roma, 2000.

[7] v. “Vive di trasparenza la buona economia”, in: Il Sole 24 Ore, 17.04.2002, p. 9. Tale Rapporto è stato anche utilizzato come base per l’Audizione della Prof.ssa Kostoris – presidente dell’Istituto - in Parlamento.

[8] Il duplice valore per la collettività della conciliazione è stato lapidariamente esplicitato dalla Corte Costituzionale: diminuire il costo da sovraccarico dell’apparato giudiziario ed assicurare ai danneggiati un soddisfacimento più immediato.

La Consulta, pronunciandosi in via incidentale sulla questione di legittimità delle disposizioni procedurali in materia di tentativo obbligatorio di conciliazione, con la sentenza n. 276 del 13 luglio del 2000, ha dato soluzione a questioni di legittimità costituzionale coinvolgenti gli artt. 410, 410-bis e 412-bis del cod. proc. civ., sollevate da alcuni giudici in relazione ad una supposta violazione degli artt. 3, 24, e 76 Cost. Secondo i giudici rimettenti, il Governo avrebbe ecceduto i limiti della delega legislativa, estendendo nel D.lgs. 31 marzo 1998 n. 80 l’obbligatorietà del tentativo di conciliazione alle controversie in materia di pubblico impiego.

La questione di legittimità costituzionale concerne essenzialmente l’inefficienza – apoditticamente sostenuta dai rimettenti, secondo la Corte – dell’attuale assetto del tentativo obbligatorio di conciliazione nel campo delle controversie del pubblico impiego. Secondo i giudici a quo, l’inefficienza sarebbe tale da determinare di per sé una violazione dell’art. 24 Cost., che garantisce una tutela giurisdizionale "effettiva" e non meramente formale. Si sostiene, infatti, che il tentativo obbligatorio di conciliazione come condizione di procedibilità, producendo una dilatazione del tempo (di ulteriori 60 gg.) rispetto all’inizio effettivo del processo, di fatto realizzerebbe un impedimento ad agire in giudizio.

La sentenza è un’importante occasione di riflessione. La Corte Costituzionale, infatti, oltre a dichiarare la piena legittimità della disciplina pone in grande rilievo il valore collettivo dell’istituto della conciliazione, sotto due principali aspetti. Il tentativo obbligatorio di conciliazione, sempre secondo i Giudici della Consulta, "tende a soddisfare l’interesse generale sotto un duplice profilo: sia evitando che l’aumento delle controversie attribuite al giudice ordinario in materia di lavoro provochi un sovraccarico dell’apparato giudiziario, con conseguenti difficoltà per il suo funzionamento; ma soprattutto favorendo la composizione preventiva della lite, che assicura alle situazioni sostanziali un soddisfacimento più immediato rispetto a quella conseguita attraverso il processo, (punto 3.4)

[9] L’opera dei magistrati onorari completa la riforma del Giudice Unico e attraverso il tentativo di conciliazione con tutela dell’offeso, la nuova disciplina delle sanzioni, la remissione della querela e la conseguente estinzione del reato, consentirà di decongestionare il carico di lavoro della magistratura ordinaria.

?Il Giudice di Pace non è competente: per separazione tra coniugi, affidamento dei figli minori, assegno di mantenimento, ecc.; in materia di eredità, donazioni, ecc.; in materia di interdizione e inabilitazione; in materia di sfratto; per suddivisione (tra familiari) rette ricovero anziani/handicappati presso istituti (fatto salvo il tentativo di conciliazione). ?Egli non: da pareri o consigli legali, essendo magistrato a tutti gli effetti e dovendo giudicare secondo domanda precisa, circostanziata, in corso di causa; fa sopralluoghi a domicilio su semplice richiesta, né partecipa a riunioni condominiali.

?Nei casi di competenza, stando in giudizio personalmente, le proprie ragioni devono essere portate avanti durante tutto il processo fino all’emissione della sentenza, seguendo le prescrizioni del codice di procedura civile (memorie difensive, note conclusionali, notificazioni, ecc.) pena l’invalidità e/o la cancellazione della causa dal ruolo.

Il Giudice di Pace è competente per le cause relative a beni mobili (sono esclusi, quindi gli edifici, i manufatti in cemento o soggetti a concessione edilizia, terreni, canali e scoli, ecc.) di valore non superiore a Euro 2.582,23 (lire cinque milioni), quando dalla legge non sono attribuite alla competenza di altro giudice. E’ anche competente per le cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli (incidenti stradali) e di natanti (incidenti accaduti in acqua), purché il valore della controversia non superi lire trenta milioni. E’ competente qualunque ne sia il valore: (1) Per le cause relative ad apposizione di termini ed osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti (comunali) o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi; (2) Per le cause relative alla misura ed alle modalità d’ uso dei servizi di condominio di case (es. parcheggi); (3) Per le cause relative a rapporti tra proprietari o detentori d’ immobili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni di fumo o di calore, esalazioni, rumori (strumento musicale, radio, macchinario, ecc.) scuotimenti e simili propagazioni che superino la normale tollerabilità: il G.d.P. nominerà, eventualmente, in corso di causa e a carico delle parti un consulente tecnico d’ ufficio – C.T.U. (4) per ricorrere contro le ingiunzioni di pagamento (emesse dalla Prefettura dopo il verbale della Polizia Stradale, C.C., Polizia Municipale, ecc.). (5) Per effettuare una conciliazione non contenziosa, più semplicemente “conciliazione”.  Il valore della causa si determina al momento in cui la domanda è proposta e con riguardo all’ intero ambito della controversia, tenendo quindi conto della domanda dell’ attore, delle eccezioni del convenuto, eventuali domande formulate da e contro terzi intervenuti. Davanti al G.d.P. le parti possono stare in giudizio personalmente nelle cause il cui valore non eccede Euro 516,46 (lire un milione). Negli altri casi, le parti non possono stare in giudizio se non con l’ assistenza (procura) di un difensore. Il giudice, in considerazione della natura ed entità della causa, con decreto emesso anche su istanza verbale della parte, può autorizzarla a stare in giudizio di persona.

[10] Vista la caratteristica di “conciliazione”, non è necessario che le parti siano assistite dal difensore. Se la parte invitata non si presenta il giudice né da atto nel processo verbale. Se la conciliazione avviene, della stessa è redatto processo verbale separato. Se le parti non conciliano è messo a verbale. Il verbale costituisce solo una scrittura privata riconosciuta, utilizzabile come prova in causa come decreto ingiuntivo: se la controparte non si presenta o non accetta la conciliazione, non si produce nessun obbligo: l’ eventuale imposta di bollo oltre ai diritti di cancelleria, sono pagati infruttuosamente da chi inizia il tentativo di conciliazione. Il verbale fa prova fino a querela di falso e non si può impugnare adducendo il disconoscimento delle dichiarazioni rese davanti al giudice. Una volta chiuso, il verbale sarà trasmesso al Dipartimento per le Entrate (ex Ufficio del Registro) per la registrazione.

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