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- L.241 su trasparenza amministrativa e forza pubblica

La legge 241/1990 sulla trasparenza amministrativa, in generale e nella sua applicazione ai procedimenti prefettizi di concessione della forza pubblica - convegno Confedilizia del 14.11.1996 [1]

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Ringrazio il Presidente della Confedilizia ed il dr. Bertoncini per avermi invitato.

Devo innanzitutto dire che sono qui - in primo luogo - quale consigliere nazionale della associazione di utenti ASSOUTENTI, appunto, tra le più grandi a livello nazionale, apolitica, che partecipa all' organismo comunitario BEUC e che desidera in tal modo dimostrare la propria attenzione anche alle problematiche ed alle esigenze dei cittadini utenti di quel servizio pubblico che è la organizzazione sociale, effettuata dalle istituzioni nazionali (ed oggi anche comunitarie ed internazionali - non a caso anche in sede U.E. la "trasparenza amministrativa ed istituzionale" è oggetto di direttive e attenzione varia).

Sono qui, in secondo luogo, come Segretario Generale di un istituto - la ACCADEMIA EUROPEA - che ha organizzato, in ambito locale e nazionale, numerose iniziative in tema di "trasparenza amministrativa", anche esaminata nei suoi aspetti derivanti dalle applicazioni informatiche e dalle implicazioni per i diritti umani.

Non sono qui, invece, come esperto della materia immobiliare, occupandomi io soprattutto del settore societario, finanziario e tributario in campo comunitario, internazionale e comparato. Conseguentemente, proponendo una lettura amministrativistica della tematica in oggetto, mi soffermerò soprattutto sulla portata delle nuove regole di procedura per l' azione interna ed esterna alle quali la P.A. si deve attenere.

A questo proposito, desidero dire che, all' estero, in genere nei Paesi economicamente sviluppati, la disciplina dei rapporti tra Cittadino ed Istituzioni viene normalmente lasciata a quello che è il senso civico, al rispetto che l' uno ha per le altre e viceversa.

Lì dove esistono regolamentazioni - vedasi ad esempio le Authorities per i servizi, o gli Offices per i diritti (mi viene in mente l' Onbudsmann svedese) - esse sono in pratica delle norme-quadro lasciate nella loro concreta applicazione ai principi del diritto comune.

In Italia esistono invece molte norme, a carattere primario, sub-primario, secondario, legislative, amministrative, .... tanto che spesso le Corti debbono accedere ad una negazione del famoso brocardo "ignorantia legis non excusat".

Non a caso, accanto alla normativa sulla trasparenza amministrativa, da più parti - anche in occasione dei convegni da noi organizzati - si addita la esigenza di una semplificazione dell' apparato normativo e del suo stesso linguaggio; per non parlare dell' idea - ad oggi ancora alla fase progettuale ma di cui noi abbiamo parlato - di introdurre un controllo preventivo di fattibilità delle norme, accanto al controllo successivo di economicità degli atti da esse derivati.

Per venire più direttamente al tema specifico qui oggi trattato, devo dire che sono rimasto un poco meravigliato (in verità, molto poco) dallo scorgere il dubbio delle Autorità sulla necessità o meno di applicare i criteri della Trasp. Ammin. anche ai procedimenti prefettizi - quindi pienamente amministrativi - di sfratto.

Di certo non dobbiamo arrivare a criminalizzare i comportamenti della P.A., forse dobbiamo, invece, sforzarci - tutti - di educarci ad una civica convivenza, a costruire rapporti corretti e trasparenti.

Il Consiglio di Stato, nella sentenza del 1994 n. 5461, decidendo sul ricorso di appello proposto dall' Ufficio Centrale Concessione Forza Pubblica per gli Sfratti, ha infatti chiaramente affermato che il diritto di accesso ai documenti amministrativi costituisce un autonomo diritto soggettivo, appunto un diritto soggettivo alla informazione. Ciò, anche lì ove non esista un vero e proprio procedimento amministrativo, ma comunque sussistano attività di una pubblica Autorità collegate alla concretizzazione di una ratio o meglio di un interesse pubblici.

Non necessita, quindi, una stretta correlazione tra tutela giurisdizionale di diritti e interessi giuridicamente rilevanti per far scattare la prescrizione dell' articolo 22, Legge 241/1990. L' azione amministrativa - di per sé è ispirata a criteri di imparzialità, correttezza e trasparenza - può e deve essere comunicata, tanto al suo interno che all' esterno.

In tal modo il Cittadino, che non è un "suddito" che desidera conoscere graziosamente la motivazione di una certa attività amministrativa, ha il diritto di sapere se le regole funzionali di azione della P.A. siano state attuate. E tale posizione è giuridicamente prevista e tutelata di per sé davanti al Giudice Amministrativo, indipendentemente dalla circostanza che l' acquisizione della documentazione possa avvenire per ordine dell' A.G.O. o di altro giudice non competenti a conoscere delle situazioni giuridiche sostanziali alle quali quella documentazione attiene od è connessa.

Non è un caso, credo, che tale giurisprudenza si ponga sulla scia di quella esistente per un contesto che - antecedentemente alla "rivoluzione della legge 241" - era coperto dalla previsione dell' eccesso di potere per difetto o carenza della motivazione di un atto amministrativo.

Ho parlato di "rivoluzione" derivante dalla legge 241; in effetti, almeno sulla carta la normativa Cassese ha comportato una differenza di atteggiamento culturale da parte della P.A. nei confronti dei Cittadini, oggi visti quali "utenti" di servizi.

La "trasparenza" amministrativa, infatti risulta - in sé - un tema a lungo dibattuto e che racchiude una serie di problemi: accesso ai documenti, notorietà delle strutture istituzionali e procedimentali interne, semplificazione degli atti amministrativi. Esso si insinua - purtuttavia - in un più vasto processo di riforma delle regole pubbliche e dei controlli ad esse inerenti, iniziato - prevalentemente nella seconda metà degli anni settanta - nelle imprese di servizi finanziari; ciò, specie per motivo della crescente libertà dei movimenti di capitale a breve termine.

Negli anni ottanta, con ritardo rispetto ad altri Paesi, tale processo ha iniziato ad investire massicciamente anche il settore delle public utilities.

In quest' ultimo settore, dove la presenza di gestioni dirette da parte di imprese pubbliche, spesso sotto la veste di ente pubblico economico, è stata almeno in Europa tradizionalmente massiccia, la riforma della normativa si è accompagnata ed intrecciata con il più  generate processo di privatizzazione delle stesse imprese pubbliche, dopo aver assunto veste di s.p.a.

A tale proposito, può esser interessante notare che i Paesi che, prima dell' Italia, hanno imboccato la via delle privatizzazioni di public companies, hanno anche accompagnato o fatto precedere tale processo alla predisposizione di un forte potere di regolamentazione da parte del potere pubblico.

In Francia, ad esempio, ciò avvenne tramite un ridisegno ed un rafforzamento dei poteri dei ministeri, peraltro già dotati di adeguate competenze di tipo tecnico ed economico; in Inghilterra ed USA, attraverso l' istituzione di un Ente governativo (Autorithy) indipendente, dotato di forti poteri di regolamentazione e deregolamentazione.

Un primo, basilare aspetto per ragionare in relazione alla normativa ed al controllo dei servizi di pubblica utilità, consiste nell' identificare almeno per grandi linee i fallimenti di mercato che si riscontrano in tali settori. Storicamente, si possono intravedere esigenze contrapposte che hanno spinto i Governi ad adottare regole anche diametralmente opposte.

In Italia, ad esempio, nel passato remoto si è risposto alle ricordate esigenze con la nazionalizzazione dei servizi o con lo strumento delle concessioni. Il riportare sotto la direzione dello Stato o di un suo concessionario lo svolgimento del servizio, appariva infatti come una garanzia sufficiente per il soddisfacimento degli interessi pubblici.

In tal senso, furono varie le occasioni - a cavallo tra questo secolo ed il precedente - nelle quali furono nazionalizzate imprese già esistenti ovvero create ex novo, sotto forma di monopoli verticalmente integrati e regolati da un diritto speciale

Tra le altre, vi fu: l' esigenza di tutelare l' importanza sociale dei servizi prestati; la rilevanza della qualità degli stessi; le politiche dei prezzi. Più specificamente vi fu: la necessità di rispondere a scioperi ferroviari e all' esosità degli imprenditori gestori delle linee concessionarie (FF.SS., ora E.F.S.); la difesa degli interessi strategici nazionali in campo energetico (Enel; Agip, poi Eni) e delle telecomunicazioni (Az. di St. Serv. Telef., poi Sip); l' esigenza di maggiori entrate (monopoli fiscali su sale, tabacco, pietre focaie, chinino, ...).

Tuttavia, oggi - ma già da tempo se ne avvertiva la necessità - che esiste un movimento verso una sempre minor diretta presenza statale dall' economia, le ricordate motivazioni non risultano più valide. Anzi, il costo di tale apparato - misurato soprattutto in termini di inefficienza - viene sempre più ritenuto insopportabile dalla collettività.

Parallela alle nuove modalità di risposta per le esigenze di deregolamentazione e privatizzazione del mercato, vi è - come detto - la complessa normativa in materia di efficienza ed efficacia dell' azione amministrativa.

Tra queste, le norme più note sono - senz' altro - la L. 142/90 e la L. 241/90; esse contengono ed applicano i due fondamentali scopi che il Parlamento ha inteso perseguire: a) un nuovo rapporto tra cittadini ed istituzioni pubbliche, b) una nuova impostazione dei ruoli pubblici, inerenti alla gestione amministrativa. Da una lato, dunque, migliore "comunicazione"; dall' altro, adozione generalizzata del "criterio costi / ricavi", anche per la gestione della cosa pubblica. Ecco il perché la nascita di un autonomo diritto soggettivo alla corretta informazione sulla formazione della volontà pubblica, enucleatosi dal diritto soggettivo alla esaustiva motivazione della azione amministrativa (non ovviamente per ogni atto, ma per quelli autonomi o completi o aventi valore esterno, ma non più solo di quelli costituenti delle norme di relazione).

Risulta di particolare interesse, pertanto - come, d' altra parte, le menzionate iniziative hanno messo in risalto - individuare i criteri di efficienza e qualità, che debbono esser propri alla erogazione dei vari servizi, anche quelli forniti da enti locali e aziende concessionarie, unitamente a quelli di trasparenza e controllo della economicità degli atti..

Si può pertanto affermare, proprio sulla base delle esperienze verificate, che nell' ambito dei vari settori dell' ordinamento giuridico - tributario, pubblicistico (si pensi al Difensore civico), civilistico, comunitario, previdenziale, penale, del diritto del lavoro - in quelli economici e della convivenza civile - ambiente, territorio, urbanistica, architettura, salute (si pensi all' istituzione dei Tribunali dei diritti del malato) - si sta avviando un nuovo rapporto tra cittadini ed istituzioni, che coinvolge queste ultime dall' interno, come stanno ad indicare non pochi provvedimenti, regolamentari e ministeriali successivi alle ricordate Leggi 142 e 241 del 1990.

Infatti, dal 1990 (ma, precedenti esistono fin dal secolo scorso!) la P.A. ha progressivamente introdotto norme tendenti a costruire una "casa di vetro". In questo ambito, enti locali e concessionari sono, forse, i soggetti che più di altri vengono spesso a contatto con il Cittadino-utente. Ad essi, pertanto, soprattutto si rivolge la realtà giuridica ed economica introdotta sulla base dei recenti provvedimenti normativi in tema di "trasparenza amministrativa".

Con tali norme si esplicitano i due fondamentali obiettivi che si è inteso perseguire: un nuovo rapporto tra Amministrazione e Cittadini; una nuova impostazione dei ruoli pubblici attinenti alla gestione amministrativa. Dunque - come detto - da un lato, migliore comunicazione; dall' altro, adozione del criterio costi/ricavi anche per la gestione della cosa pubblica.

I vari provvedimenti legislativi ed amministrativi succedutisi dal 1990 ad oggi, ma già prima con norme quali la L. 801 del 24. 10. 1977, hanno determinato progressivamente una situazione - tutt' ora in via di evoluzione (si pensi, da ultimo, la Direttiva Pres. Cons. Min. 27. 1. 94 "principi sull' erogazione dei servizi pubblici"; ma anche al D.P.R. 367 del 20.4.1994, relativamente alla riforma parziale della contabilità pubblica, in ossequio alla nuove esigenze della efficienza dell' azione amministrativa) - profondamente innovativa nella vita del nostro Paese, che probabilmente va ben al di là di aspetti meramente normativi od istituzionali, per incidere anche sugli aspetti attinenti alle abitudini ed al costume. In questo senso, la chiave di lettura della realtà e del ricordato convegno - come detto - è rappresentata da una complessiva  e "corale" visione della situazione locale, nazionale, comunitaria.

Taluni aspetti sono - evidentemente - più specificatamente giuridici (si pensi alla responsabilità del pubblico funzionario; ai computer's crimes; alle norme degli altri Stati; all' istituto del difensore civico; alla tutela dei diritti umani), altri più economici (il rapporto tra costi/benefici nell' adozione di nuove metodologie di lavoro da parte di comuni ed imprese; la materia fiscale; il costo dell' impatto ambientale ), altri più tecnici (giurinformatica, medicina sociale e del lavoro, neurofisiologia, biochimica, bioetica, studio dell' ecosistema). Tuttavia, nel complesso, se ne trae un ampio spettro di considerazione, di cui si intravedono una serie di "spaccati", vere visioni diagonali della nostra Società, per misurane la Qualità.

Perché, in effetti, a mio modesto avviso, il vero problema è la "Qualità": qualità della vita, ma anche delle istituzioni; qualità dei servizi pubblici, ma anche dei rapporti interni alle singole aziende private e del ruolo da esse posseduto al di dentro dell' intera Società civile.

Del resto, un pò in tutto il mondo, non solo nella Unione Europea e non solo in Italia, nei vari ambiti - tributario, pubblicistico, civilistico, penale, sanitario, del diritto del lavoro, informatico, scientifico - si sta avviando un nuovo rapporto tra cittadini e istituzioni, che coinvolge queste ultime dall' interno; le ricordate normative - tra cui la Direttiva Ciampi del Gennaio '94 - sono di certo illuminanti al riguardo.

Ma, dare più spazio al "cittadino / utente", a mio avviso, è solo un modo - forse quello, attualmente, più perseguibile - di far sì che l' Uomo si riappropri di un sistema sociale che, in fin dei conti, era stato previsto come strumento di migliore convivenza: lo Stato.

Lo Stato, non solo e non tanto quale "apparato", ma soprattutto come "gruppo sociale", omogeneo. In esso, gli appartenenti sono personalmente motivati, mettono qualità nelle loro azioni, come le istituzioni mettono qualità nel loro insegnamento. In questo quadro, ritengo che abbia quindi molto senso parlare, tanto di "ecosistema ambientale", quanto di "sistema di convivenza civico".

Questo nuovo rapporto, pertanto, non può prescindere dall' esame - volutamente omnicomprensivo e necessariamente multidisciplinare - della incidenza di queste problematiche (giuridiche, economiche, informatiche) sull' Uomo; esse debbono esser considerate all' interno di un unico, più vasto contesto: lo sviluppo sociale; non solo sviluppo economico!.



[1] di avv. Carlo C. Carli (AGEIE e ASSOUTENTI

Già inserito in Diritto&Diritti nel febbraio 2002

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